Per la fine dell’anno presentiamo in anteprima sul BLOG alcune frasi del nuovo nostro ALMANACCO “QUANDO LA CASA BRUCIA” (dal titolo dall’ultimo libro di Giorgio Agamben) in cui la parola dei filosofi poeti (e dei poeti filosofi) ci viene in aiuto per comprendere il tempo in cui siamo – pericoli, inganni o aperture e conquiste interiori non però diverse da quelle che da sempre i sapienti e i poeti come Seneca (che con Agamben sarà il nostro prossimo autore) hanno intravisto per far fronte alla “communis insania”.
…..
For the end of the year we present a preview on the BLOG of some phrases from our new ALMANAC “WHEN THE HOUSE BURNS” (entitled from the last book by Giorgio Agamben) in which the words of the philosophers-poets (and poets-philosophers) come to our aid for understand the time in which we are – dangers, deceptions or openings and interior conquests not however different from those that scholars and poets like Seneca (who with Agamben will be our first author) have always glimpsed in order to face the “communis insania”.
30/12/2020
.
.
GIORGIO AGAMBEN
passi dal libro “QUANDO LA CASA BRUCIA” (Giometti & Antonello, Macerata, novembre 2020)
“Tutto quello che faccio non ha senso, se la casa brucia”. Eppure proprio mentre la casa brucia occorre continuare come sempre, fare tutto con cura e precisione, forse anche più studiosamente – anche se nessuno dovesse accorgersene. Può darsi che la vita sparisca dalla terra, che nessuna memoria resti di quello che è stato fatto, nel bene e nel male. Ma tu continua come prima, è tardi per cambiare, non c’è più tempo. (p.7)
.
*
Quale casa sta bruciando? Il paese dove vivi o l’Europa oil mondo intero? Forse le case, le città sono già bruciate, non sappiamo da quanto tempo, in un unico immenso rogo, che abbiamo finto di non vedere. (p.8)
.
*
Che una civiltà – una barbarie – sprofondi per non più risollevarsi, questo è già avvenuto e gli storici sono abituati a segnare e datare cesure e naufragi. Ma come testimoniare di un mondo che va in rovina con gli occhi bendati e il viso coperto, di una repubblica che crolla senza lucidità né fierezza, in abiezione e paura? La cecità è tanto più disperata, perché i naufragi pretendono di governare il proprio naufragio, giurano che tutto può essere tenuto tecnicamente sotto controllo, che non c’è bisogno né di un nuovo dio né di un nuovo cielo – soltanto di divieti, di esperti e di medici. Panico e furfanteria. (p.9)
.
*
E’ come se il potere cercasse di afferrare a ogni costo la nuda vita che ha prodotto e, tuttavia, per quanto si sforzi di appropriarsene e controllarla con ogni possibile dispositivo, non più soltanto poliziesco, ma anche medico e tecnologico, essa non potrà che sfuggirgli, perché è per definizione inafferrabile. Governare la nuda vita è la follia del nostro tempo. Uomini ridotti alla pura esistenza biologica non sono più umani, governo degli uomini e governo delle cose coincidono. (p.11)
.
*
Il volto è la cosa più umana, l’uomo ha un volto e non semplicemente un muso o una faccia, perché dimora nell’aperto, perché il suo volto si espone e comunica. Per questo il volto è il luogo della politica. Il nostro tempo impolitico non vuole vedere il proprio volto, lo tiene a distanza, lo maschera e copre. Non devono più esserci volti, ma solo numeri e cifre. Anche il tiranno è senza volto. (p.12)
.
*
Che l’anima e il corpo siano indissolubilmente congiunti – questo è spirituale. Lo spirito non è un terzo fra l’anima e il corpo: è soltanto la loro inerme, meravigliosa coincidenza. La vita biologica (la “nuda vita” n.d.r.) è un’astrazione ed è questa astrazione che si pretende di governare e curare. (p.14)
.
*
“I bufali e i cavalli hanno quattro zampe: ecco ciò io chiamo Cielo. Mettere la cavezza ai cavalli, perforare le narici del bufalo: ecco ciò che chiamo umano. Per questo dico: bada che l’umano non distrugga il Cielo dentro di te, bada che l’intenzionale non distrugga il celeste” (p.17)
.
*
Resta, nella casa che brucia, la lingua. Non la lingua, ma le immemorabili, preistoriche, deboli forze che la custodiscono, la filosofia e la poesia. E cosa custodiscono, che cosa ricordano della lingua? Non questa o quella proposizione significante, non questo o quell’articolo di fede o malafede. Piuttosto, il fatto stesso che vi è linguaggio, che senza nome siamo aperti nel nome e in questo aperto, in un gesto, in un volto siamo inconoscibili e esposti. (p.17)
.
Giorgio Agamben
Frasi pubblicate con la gentile concessione dell’autore